venerdì 25 ottobre 2013

i miei racconti: Dario dopo l'incidente

Era stata una notte burrascosa ma quella mattina l'aria era limpida e il sole si rifletteva sulle case davanti.  Dario stava facendo colazione ed ogni tanto porgeva un pezzetto di biscotti al gatto che gli ronfava sulle ginocchia.
Stava mangiando svogliatamente ed attraverso le tende sottili guardava i ragazzi che, posati gli zaini della scuola a terra, s'erano fermati nella piazzetta a tirar calci al pallone. Il suo sguardo si spostò a destra, vicino alla finestra, sull'armadietto c'era il pallone assieme ai pattini ed al casco per andare in moto, tutte cose che a lui non sarebbero più servite.  In quei giorni, cominciava a prender coscienza della sua situazione.  Passò un paio di volte la mano sulla schiena del gatto che saltò a terra per poi salire sull'altro lato del letto, forse aveva avvertito la tensione che c'era in quei pensieri.
I primi giorni dopo l'incidente quando stava in ospedale molti dei suoi compagni erano andati a trovarlo, anche quelli con cui aveva parlato soltanto qualche volta nei corridoi della scuola.
Con il passar dei giorni le visite s'erano fatte sempre più rare, tanti compagni erano tornati una volta o due e poi non s'erano più visti.
Soltanto Andrea e Marco andavano ancora a trovarlo, erano gli unici che continuavano a fargli visita ora che era tornato a casa. Con loro due, fare amicizia era stata una cosa immediata fin dalla seconda elementare quando Dario aveva cambiato casa e scuola. Aveva timore di perdere quell'amicizia ma fin dall'inizio s'era accorto che il loro rapporto era cambiato.
Venivano sempre assieme a fargli visita c'era forse il timore che venendo uno solo sarebbe rimasto a corto di argomenti e i loro discorsi ormai cadevano sempre sulla scuola, sui compiti, parlavano poco delle loro storie con le ragazze, mentre prima tra di loro si raccontavano tutto. Soprattutto stavano attenti a non parlare con lui dell'incidente e dell'infermità che ne era derivata. Tutti , anche in casa non ne parlavano, come se quel doversene stare su quella sedia fosse normale, mentre lui avrebbe voluto parlarne e gridare tutta la rabbia e disperazione che aveva in corpo, perché soltanto ora che erano finiti i giorni dell'ospedale, ritrovandosi nella sua casa tra le sue cose si rendeva conto che la sua situazione non era provvisoria.

Nessun commento:

Posta un commento