mercoledì 20 novembre 2013

i miei racconti: l'uomo della quadriglia

Finita la trebbia, battevano gli zoccoli al suono della fisarmonica alzando pagliuzze dorate mentre il sole, ormai chino sul colle, arrossava le cime dei monti. Era una quadriglia improvvisata, Alfre' seduto con la schiena contro il muro aveva preso la vecchia fisarmonica, con l'occhio fisso al fiasco del vino di cui era il poco affidabile custode.
Seduta sul muro, sotto al pergolato , nell'angolo più lontano, stava l'Argia da sola, chiusa nella propria adolescenza appena iniziata a rimuginare sconclusionati pensieri.
Per un attimo alzò lo sguardo al gruppo che stava ballando ed a una coppia in particolare, avrebbe quella coppia avuto la stessa intesa anche se fosse mancata la musica o la voce che li guidava avesse taciuto. Ebbe l'Argia intuizione di complicità segrete, qualcosa in quella coppia l'attraeva.
Passarono gli anni e pure l'adolescenza dell'Argia che s'era fatta una famiglia.
Nelle chiese durante la messa da poco s'era stabilito l'uso  di stringersi la mano e fu proprio in quest' occasione che l'uomo seduto nella panca davanti si girò e strinse la mano dell'Argia, non nel modo indifferente ed abitudinario come sempre accade. Fu chiusa la sua mano tra le due dell' uomo un po' più forte e a lungo di quanto si usi mentre gli occhi s'erano fissati dritti nei suoi.
Ancora prima che ci fosse imbarazzo la mano fu lasciata libera. Era l'uomo della quadriglia con a fianco la propria moglie.
Si videro altre volte, in occasione delle feste di paese e mai tra di loro passò una parola,
Un giorno incontrandosi per  soli, fu chiesta un informazione una cosa qualunque, e all'improvviso : 
" Fammi stringere una mano, come sei bella, lasciati abbracciare, non voglio altro, mai ti farei del male ".
l'Argia rispose confusa e sorpresa, ma non offesa. Lei aveva tutto quello che aveva cercato, due figli maschi già grandi, un uomo come ce n'erano pochi e mai si sarebbe sognata di sfiorarne un altro .Eppure dopo un po' d tempo, ripensando alla cosa era incuriosita, avrebbe voluto chiedergli cos'era accaduto a quella coppia che una sera di luglio mentre il sole si spengeva e i bimbi correvano dietro alle lucciole, sulla piazza di terra battuta, ballava in un intesa perfetta.
E perché proprio lei, e così d'un tratto, visto che si conoscevano da una vita.
Evitò l'Argia di frequentare i luoghi che lui frequentava, non voleva incontrarlo da sola, non voleva che le parole andassero oltre, che in un certo qual modo s' involgarissero.
Ma in certi giorni trascorsi tra panni e piatti da lavare, quando la malinconia fa sentire una donna più o meno una serva nella propria casa, sapere che qualcuno sarebbe stato felice anche solamente stringendole una mano, le scaldava un po' il cuore.
Ma nei piccoli paesi è impossibile non incontrarsi, e se qualche volta per caso, tra la gente gli sguardi si scambiavano e passava un cenno di saluto, lei negli occhi dell'uomo vedeva, al di là delle parole, riconfermato lo stesso desiderio.
All'Argia piaceva un po' pensare che qualcuno la vedeva bella quando ormai ,non più giovane davanti allo specchio abbassava lo sguardo.
Ch'era bella, per quanto si ricordava non glielo aveva detto nemmeno sua madre.
" Una mano, fatti stringere una mano! " 
Di mani innocenti ce n'erano state già un'altra volta, un tempo quasi dimenticato, mani che l'avevano fermata sulla porta di un labirinto dietro cui tutto poteva esserci; più probabile la pazzia. Mani che l'avevano semplicemente fermata, perché indietro dovette tornare da sola e non fu facile.


      

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