lunedì 27 gennaio 2014

i miei racconti: : un figlio per Marta





Il sole cominciava a bagnare il campo di grano che percorso da una brezza leggera ondeggiava come un mare calmo delimitato dal canneto oltre il quale si sentiva lo scorrer dell'acqua nel rio.

Era maggio e  quel mare verde era gonfio di linfa e promesse di un buon raccolto .

Marta era una giovane donna, bella e formosa, sembrava fatta per mettere al mondo figli, ogni giorno si recava al limitar campo e si fermava a lungo vicino al tronco della grande quercia, osservava il cerchio d'ombra ai suoi piedi dove l'erba cresceva stenta. Sotto la grande quercia stavano seppelliti i suoi semi mai nati; cinque figli persi a metà gravidanza.

Chi quel mattino avesse visto da vicino gli occhi di Marta si sarebbe subito allontanato, era immobile e il suo sguardo era volto al cielo, si stava  silenziosamente rivolgendo a Dio, era la sua una specie di sfida ; ci avrebbe provato e riprovato ad avere un figlio finché fosse stata troppo vecchia oppure nel provarci fosse morta.

Era terra di contadini e di cavatori dove le donne come pure le bestie che non facevano figli erano  con disprezzo chiamate "castroni".

Dicevano che la Marta era una donna dura, dura come un uomo, che non le piacevano i bimbi. Era vero che se lei vedeva un bimbo piccolo si allontanava, lo faceva per non mettersi a piangere, soltanto quando nella sua stalla c'era una nascita vi si chiudeva dentro e si abbandonava ad un lungo pianto.

Quel mattino prese una decisione di cui, fino ad allora aveva pensato, che non sarebbe mai stata capace.
Marta era donna di campagna e sapeva fin da piccola che con gli animali per ottenere una prole sana e forte si prendevano maschi provenienti da un'altra stalla.

Così quel mattino dopo non aver mai dormito, stando nel letto, immobile al fianco del marito aveva deciso.

Una volta. L'avrebbe fatto una sola volta. Si mise l'abito della festa e si diresse verso valle dove si teneva la fiera, pensava all'uomo giovane, forte e sfacciato che tutti gli anni veniva da lontano per vendere pentole e padelle, l'anno passato gli aveva fatto delle proposte; se ci avesse provato anche quest'anno lei gli avrebbe detto di si.

Quando Marta s'accorse d'essere di nuovo incinta aveva paura ma sperava, sperava che fosse figlio dell'altro, un figlio sano, ed ecco che in febbraio Marta ebbe un figlio dai capelli biondi e ricci ed allora fu certa di chi fosse il padre, era un segreto che non  avrebbe mai detto nemmeno al confessore.

Daniele cresceva sano e forte, un figlio mite ed anche bello, troppo bello, si diceva in paese, per essere un maschio.
 La madre lo portava sempre con se ogni volta che andava in paese ed ora che era un adolescente Marta attraversava l'abitato come un guerriero sicuro al cui fianco aveva  una lucente spada.

Ma la serenità di Daniele era solo apparente, quando non doveva aiutare i genitori, se ne andava in giro per i boschi anche sotto la pioggia oppure si chiudeva in camera, aveva in petto come un fuoco, un tormento.
 Provava a scrivere, disegnava ma niente gli riusciva come avrebbe voluto, allora bruciava i suoi fogli.

 Aveva nell'anima un pianto silenzioso, una fame di  bellezza, di anima che lo divorava ed al tempo stesso voleva uscir fuori.

 E quando Marta se ne andò per una brutta polmonite, Daniele se ne andò in capo al mondo in cerca di quel qualcosa che non ha nome ma sapendo che da qualche parte doveva trovarla e non lo videro mai tornare.

Nessun commento:

Posta un commento